Le confessioni di Nat Turner

«Forse il lettore sarà spinto a trarre una morale da questo racconto, ma la mia unica intenzione è stata di ricreare un uomo e la sua epoca, e di produrre non tanto un "romanzo storico" quanto una meditazione sulla storia.» Siamo nella Virginia del 1831, lo schiavo nero Nat Turner, in carcere, attende l'esecuzione capitale. A ritroso, con un linguaggio efficacissimo in cui si mescolano toni apocalittici e nostalgia di affetti perduti, Nat ripercorre le vicende che da schiavo benvoluto dai padroni lo hanno portato, fanatico angelo vendicatore, a guidare una cruenta rivolta di schiavi. Premiato col Pulitzer nel 1968, il romanzo fu però ostracizzato dagli intellettuali neri perché «scandalosamente razzista». Sulle critiche e sui violenti attacchi di cui fu oggetto riflette lo stesso Styron nella Postfazione, ribadendo che - come nel successivo La scelta di Sophie - il suo intento era attingere a storia e immaginazione per porsi e porre al lettore fondamentali quesiti sul rapporto tra bene e male, tra passato e presente, tra responsabilità individuale e necessità sociale.

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