Il vecchio e i fanciulli
Durante l’inverno, il vecchio Ulpiano aveva fatto tutto da sé, nell’ovile, ma con l’avvicinarsi della buona stagione e lo sgravarsi delle pecore, la cosa diventava sempre più difficile: ed ecco, ai primi di quaresima, come inviato da Dio, si presentò un giovine in cerca di lavoro.
Era alto, con le spalle quadrate, i piedi e le mani da gigante; ma dal viso liscio, sebbene guarnito di foruncoli, quasi a metà occupato dai grandi occhi neri e dalle foltissime sopracciglia che andavano a perdersi sotto i capelli ondulati, si sarebbe giudicato un bambino. Vestiva bene, di fustagno marrone; aveva le scarpe nuove, ed uno zaino invece di bisaccia. Il vecchio Ulpiano cominciò ad interrogarlo:
— Di dove sei?
— Di Arbius, – rispose il giovine, guardando verso i monti dove biancheggiava come un rimasuglio di neve questo piccolo paese di pastori.
— Ho un compare, ad Arbius, Francesco Stefano Farina: lo conosci?
— Lo conosco. Era compare anche del mio povero padre.
— Tuo padre è morto?
— È morto da tre settimane: il giorno dopo è morta anche mia madre. Anche un mio fratello è morto in guerra.
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