L'amante di Cesare (inedita biografia di Cleopatra)
Dall’incipit del libro:
Fanciulletta, Cleopatra, s’appartava negli angoli del grande palazzo di suo padre, tra i pilastri di basalto, per parlare coi gatti sacri dei sacerdoti.
Un’innocente manìa.
Molti bimbi e bimbe, anche ai tempi nostri, giocano e discorrono coi gatti.
Sono, salvo rarissime eccezioni, bimbetti comuni, che non hanno alcuna probabilità e possibilità di venir ricordati dalla Storia.
Ma Cleopatra doveva diventar regina e così la Storia ricorda i suoi gatti.
Anche la Sfinge ricorda.
L’Egitto è pieno di Sfingi. Piccole e grandi. Pur oggi se ne vedono presso il Nilo. Chi scrive questa storia le ha viste. Sembran gatti e hanno le unghiaccie alle zampe.
Cleopatra, lascia credere Shaw, amava anche le Sfingi. Se Shaw lo fa per dire ch’era sfingea essa stessa, è una galanteria da parte sua.
Ma tutti adesso s’affannano a gridare che Cleopatra non era bella. Almeno il naso aveva brutto, affermano con sicumera. Aquilino, però, lo era, dalle narici aperte, sensibili, palpitanti. Un naso ricco di sexe-appeal, come tutta lei stessa, sottilina, fragile, scaltrissima nei movimenti aggraziati e negli atteggiamenti civettuoli.
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