Il quaderno nero
Avviati il giorno stesso del patto Molotov-Ribbentrop, gli appunti solcano intrepidi gli anni della seconda guerra mondiale, vissuti dalla Berberova nell’esilio parigino, tra la «maleolente, miserabile» emigrazione russa: i Chodasevic, Zajcev, Bunin, Osorgin, Kerenskij, Merezkovskij, Gippius tentano ancora di sopravvivere, mimando le consuetudini di un precario passato, tra una visita di cortesia, un pasto rimediato alla meglio, qualche «festa letteraria» per commemorare un amico scomparso. Ma sono anche anni di letture: Pascal, Tolstoj, Cervantes, Dostoevskij, Schopenhauer si rivelano lenti ottiche infallibili per mettere a fuoco lo smarrimento, il distacco, la stoica perdita di ogni speranza, o per evocare felicità e tragedie lontane, o ancora per arrivare a una più lucida definizione di se stessi. Le ultime pagine restituiscono un’immagine inaspettata della Berberova: a guerra conclusa, tornano sogni, progetti, viaggi, serate con Camus, Sartre, Breton, l’osservazione curiosa del presente, un nuovo afflusso di energie scetticamente vitali, come solo un’araba fenice avrebbe saputo risvegliare.
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