Campo de' Fiori
È il 1975, in piazza Campo de’ Fiori a Roma: la voce ferita di Moravia che grida «È morto un poeta. Di poeti ne nascono pochi in un secolo»; il dolore e la cattiveria di Elsa Morante, che si rivolta a Siciliano. La telefonata di Cordelli che avverte l’autore dell’assassinio e poi, di seguito, un viaggio a ritroso.
Ma Campo de’ Fiori, a ben vedere, è qualcosa di più profondo di un memoriale. Non è il racconto di un’amicizia e nemmeno
l’ennesimo libro su Pasolini. È una resa dei conti con se stessi di cui Pasolini non è certo il pretesto, e neppure il mezzo per compierla. È l’ossessione dalla quale si prendono le distanze per conoscere se stessi.
Ma Campo de’ Fiori, a ben vedere, è qualcosa di più profondo di un memoriale. Non è il racconto di un’amicizia e nemmeno
l’ennesimo libro su Pasolini. È una resa dei conti con se stessi di cui Pasolini non è certo il pretesto, e neppure il mezzo per compierla. È l’ossessione dalla quale si prendono le distanze per conoscere se stessi.
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