Uno, nessuno e centomila
Decide quindi di cambiare vita (rinunciando al suo lavoro di usuraio) anche a costo della propria rovina economica e contro il volere della moglie che nel frattempo è andata via di casa. In questo suo gesto c'è il desiderio di un'opera di carità, ma anche quello di non essere considerato più dalla moglie come una marionetta. Anche Anna Rosa, un'amica della moglie che lui conosce poco, gli racconta di aver fatto di tutto per far intendere a sua moglie che Vitangelo non era lo sciocco che lei immaginava e che non c'era in lui il male.
Il protagonista arriverà alla follia in un ospizio, dove però si sentirà libero da ogni regola, in quanto le sue sensazioni lo porteranno a vedere il mondo da un'altra prospettiva. Vitangelo Moscarda conclude che, per uscire dalla prigione in cui la vita rinchiude, non basta cambiare nome proprio perché la vita è una continua evoluzione, il nome rappresenta la morte. Dunque, l'unico modo per vivere in ogni istante è vivere attimo per attimo la vita, rinascendo continuamente in modo diverso.
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