Il delitto Rosselli: Anatomia di un omicidio politico

È il tardo pomeriggio del 9 giugno 1937. Carlo Rosselli, una delle figure più importanti dell’antifascismo italiano e fondatore del movimento “Giustizia e Libertà” si trova a Bagnoles-de-l’Orne, una stazione termale della Normandia. Da un paio di giorni lo ha raggiunto il fratello Nello, promettente storico del Risorgimento. Mentre rientrano in albergo, dopo una visita in macchina ad Alençon, cadono vittime di un’imboscata. Costretti a fermarsi in una strada di campagna, vengono assaliti e barbaramente uccisi da alcuni sicari della Cagoule, un’organizzazione filofascista francese. Negli ambienti del fuoriuscitismo non ci sono dubbi: l’assassinio dei fratelli Rosselli è un tragico punto messo a segno dalla dittatura mussoliniana. Le formazioni politiche in esilio reagiscono con sdegno e frustrazione; unite in una sola voce, denunciano “in modo categorico e unanime che è all’organizzazione terroristica Ovra, agli ordini diretti del capo del governo italiano, che risalgono l’iniziativa e l’esecuzione dell’abominevole attentato”. I processi celebrati in Francia e poi in Italia, nonostante le prove emerse nelle fasi di istruttoria, e al di là di alcune condanne di appartenenti al gruppo dei killer, non hanno mai stabilito la verità.
Chi furono i veri mandanti del delitto? Perché Carlo Rosselli diventò obiettivo prioritario del terrorismo internazionale? Quale fu l’intreccio di relazioni tra controspionaggio militare, ambienti della destra francese e ministero degli Esteri? A ottant’anni di distanza, uno dei grandi delitti politici del fascismo resta ancora una storia di giustizia italiana mancata.

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