il Papalagi Atto II: Lo spirito di Tuiavii di Tiavea è tornato e ci parla attraverso la bocca del suo discendente Apineru dell'isola di Nu-uale
Per gli occidentali e' costume abituale viaggiare in mondi diversi dal proprio e poi raccontare le proprie esperienze. Molto meno abituale e' quando qualcuno di un altro mondo viaggia e poi racconta le proprie esperienze vissute nel nostro mondo. E' un dato di fatto per noi occidentali la centralita' della nostra realta' culturale e la perifericita' di quelle altrui. Quando questo schema si rompe, l'egocentrica coscienza occidentale ne viene profondamente toccata.
Cosi', per primo fu il poeta tedesco Erich Sheurmann circa una secolo fa, quindi in tutto il mondo sono diventate milioni le persone che sono state toccate dalla lettura dei commenti lasciati dal capo Tuiavii che, ritornato a Samoa, raccontò al suo popolo di come' è e come vive l'uomo occidentale, il Papalagi. Quel testo* è di certo iscritto all' indice di quelli che non si dimenticano su uno scaffale, bollati come già letti. Nella sua semplicità e schiettezza in ogni momento è pronto a riversare la sua freschezza sull'appannato cuore dell'uomo occidentale. Ma i tempi di Tuiavii sono ormai lontani. Il Papalagi non ha interrotto la sua folle corsa e il suo mondo nel frattempo è cambiato. Un discendente di Tuiavii, Apineru, capo di una piccola comunità, ha lasciato la sua isola per circa un anno, avventurandosi nell'Occidente degli anni settanta. In Papalagi Atto II, Apineru, seduto sulla sua stuoia, racconta quello che ha visto e provato ai famigliari ed altri isolani che la sera lo vanno a trovare nella sua capanna. Che cosa è la vita di tutti i giorni dell'uomo occidentale, che cosa sono progresso, televisione e libertà sotto gli occhi di un uomo apparentemente senza cultura che come riferimento ha solo il buono e il bene della sua isola vergine? Il suo stile non è logico, non c'è erudizione nelle critiche. Il suo incedere nel proporre impressioni ed immagini non segue nessuna delle vie classiche di analisi a cui, come Papalagi, siamo abituati.
Disponibile in inglese, francese, tedesco.
“Il Papalagi ha cosparso il veleno in tutte le sue cose, un po' nella sua parola, un po' nelle sue azioni, un po' nel suo cibo. Così il Papalagi si avvelena giorno dopo giorno, parola dopo parola, atto dopo atto, boccone dopo boccone. Non muore subito come stava per accadere a me, ma a poco a poco. Infine, è morto senza essersene reso conto. Ma ormai è passato troppo tempo dal momento in cui è cominciato l'avvelenamento, e quindi il Papalagi morto non ricorda niente di come fu la vita in principio. Il Papalagi allora si comporta come il protagonista di quella fiaba. Si racconta di un certo Ira che lasciò l'isola dove aveva padre, madre, fratelli e sorelle per cercare perle presso altre isole, sebbene nel mare intorno alla sua se ne trovassero di meravigliose. Raggiunse con la canoa un'altra isola e qui rimase per un po' di tempo trovando perle, ma un po’ più’ piccole di quelle che trovava nella sua. Cosi’ lasciò anche quell’isola per andare su un'altra ed un'altra ancora, trovando perle, ma sempre più’ piccole. Arrivò ad una sesta isola, e qui le perle che trovo’ erano cosi’ piccole che quasi non si vedevano. Una mattina prese la canoa e raggiunse una settima isola. Sbarcò e qui incontrò degli uomini e delle donne a cui propose subito la sua mercanzia. Subito gli isolani lo riconobbero come quel fratello partito tanto tempo prima, che da cercatore di preziose perle s’era trasformato in collezionista di gusci vuoti. In effetti era giunto sull'isola da cui era cominciata la sua avventura, ma non se ne rendeva conto. Allora gli isolani capirono che Ira, sebbene fosse ancora forte e muscoloso per remare, era morto, avvelenato dai miraggi che...”
* il Papalagi a cura di Erich Sheurmann del 1920, Stampa Alternativa. E' scaricabile gratuitamente: http://schoolstorming.wordpress.com/2011/12/21/papalagi-il-relativismo-culturale/
Edizioni Meta.Art metaart.info@gmail.com
Prossime uscite:
Il sommergibile e la balena, di Cristelle Wells
Il cuoco del re, di Amussis Charisteas
Cosi', per primo fu il poeta tedesco Erich Sheurmann circa una secolo fa, quindi in tutto il mondo sono diventate milioni le persone che sono state toccate dalla lettura dei commenti lasciati dal capo Tuiavii che, ritornato a Samoa, raccontò al suo popolo di come' è e come vive l'uomo occidentale, il Papalagi. Quel testo* è di certo iscritto all' indice di quelli che non si dimenticano su uno scaffale, bollati come già letti. Nella sua semplicità e schiettezza in ogni momento è pronto a riversare la sua freschezza sull'appannato cuore dell'uomo occidentale. Ma i tempi di Tuiavii sono ormai lontani. Il Papalagi non ha interrotto la sua folle corsa e il suo mondo nel frattempo è cambiato. Un discendente di Tuiavii, Apineru, capo di una piccola comunità, ha lasciato la sua isola per circa un anno, avventurandosi nell'Occidente degli anni settanta. In Papalagi Atto II, Apineru, seduto sulla sua stuoia, racconta quello che ha visto e provato ai famigliari ed altri isolani che la sera lo vanno a trovare nella sua capanna. Che cosa è la vita di tutti i giorni dell'uomo occidentale, che cosa sono progresso, televisione e libertà sotto gli occhi di un uomo apparentemente senza cultura che come riferimento ha solo il buono e il bene della sua isola vergine? Il suo stile non è logico, non c'è erudizione nelle critiche. Il suo incedere nel proporre impressioni ed immagini non segue nessuna delle vie classiche di analisi a cui, come Papalagi, siamo abituati.
Disponibile in inglese, francese, tedesco.
“Il Papalagi ha cosparso il veleno in tutte le sue cose, un po' nella sua parola, un po' nelle sue azioni, un po' nel suo cibo. Così il Papalagi si avvelena giorno dopo giorno, parola dopo parola, atto dopo atto, boccone dopo boccone. Non muore subito come stava per accadere a me, ma a poco a poco. Infine, è morto senza essersene reso conto. Ma ormai è passato troppo tempo dal momento in cui è cominciato l'avvelenamento, e quindi il Papalagi morto non ricorda niente di come fu la vita in principio. Il Papalagi allora si comporta come il protagonista di quella fiaba. Si racconta di un certo Ira che lasciò l'isola dove aveva padre, madre, fratelli e sorelle per cercare perle presso altre isole, sebbene nel mare intorno alla sua se ne trovassero di meravigliose. Raggiunse con la canoa un'altra isola e qui rimase per un po' di tempo trovando perle, ma un po’ più’ piccole di quelle che trovava nella sua. Cosi’ lasciò anche quell’isola per andare su un'altra ed un'altra ancora, trovando perle, ma sempre più’ piccole. Arrivò ad una sesta isola, e qui le perle che trovo’ erano cosi’ piccole che quasi non si vedevano. Una mattina prese la canoa e raggiunse una settima isola. Sbarcò e qui incontrò degli uomini e delle donne a cui propose subito la sua mercanzia. Subito gli isolani lo riconobbero come quel fratello partito tanto tempo prima, che da cercatore di preziose perle s’era trasformato in collezionista di gusci vuoti. In effetti era giunto sull'isola da cui era cominciata la sua avventura, ma non se ne rendeva conto. Allora gli isolani capirono che Ira, sebbene fosse ancora forte e muscoloso per remare, era morto, avvelenato dai miraggi che...”
* il Papalagi a cura di Erich Sheurmann del 1920, Stampa Alternativa. E' scaricabile gratuitamente: http://schoolstorming.wordpress.com/2011/12/21/papalagi-il-relativismo-culturale/
Edizioni Meta.Art metaart.info@gmail.com
Prossime uscite:
Il sommergibile e la balena, di Cristelle Wells
Il cuoco del re, di Amussis Charisteas
Condividi questo libro
Recensioni e articoli
Non ci sono ancora recensioni o articoli