La legge del più forte nell'Ottocento

Nel corso dell’Ottocento la legge del più forte assume una configurazione più pervasiva e complessa rispetto al passato. L’avvento e lo sviluppo del liberalismo e del capitalismo, infatti, determinano una fluidificazione della società che alimenta nella maggior parte della persone il desiderio compulsivo di ricchezza e di status. Chi ha già, aspira ad avere di più, chi ha meno o non ha, a rifuggire dalla miseria, vissuta fobicamente come uno stato vergognoso e umiliante.
L’aspirazione al benessere è una radicale motivazione umana. Quando, però, si pone come una rivendicazione assoluta e senza limiti che coinvolge gran parte degli individui, la conseguenza è il darwinismo sociale, vale a dire l’imbarbarimento dei costumi, una competitività spinta all’estremo, un individualismo eccessivo e la validazione del principio per cui il fine giustifica i mezzi.
I romanzi qui pubblicati testimoniano tale stravolgimento che fa ancora parte del nostro mondo.
Essi sono: “Il rosso e il nero” di Stendhal, “Il cugino Pons” di Balzac, “Oblomov” di Gončarov, “Memorie dal sottosuolo” di Dostoevskij, L’Assommoir di Zola, “Bel-Ami” di Maupassant e “Bubu di Montparnasse” di Philippe.

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