Il Conte di Carmagnola
Trama : Il carme, secondo l'uso del tempo, è in versi endecasillabi: (È giunto il fin de' lunghi dubbi, è giunto, - Nobiluomini, il dì che statuito).
Per il coro Manzoni sceglie il decasillabo, molto martellante ed incisivo: (S'ode a destra uno squillo di tromba, - A sinistra risponde uno squillo).
Il soggetto trae ispirazione da vari testi, il più importante dei quali è l'ottavo volume della monumentale Histoire des républiques italiennes du moyen âge di Sismondi (1807-1818, il volume ottavo uscì nel 1809). Il 25 marzo 1816, scrivendo a Fauriel, Manzoni afferma di volergli dedicare l'opera, e di averne già versificato alcune scene. Aggiunge che l'amico potrà trovare informazioni su «François Carmagnola» «à la fin du huitième volume des Rep[ubliques] italiennes de Sismondi» (alla fine dell'ottavo volume dell'opera di Sismondi). L'autore consultò inoltre le Vite de' famosi capitani d'Italia del Lomonac(1805) e il capitolo XV della Storia di Milano di Pietro Verri (1783-1785). Sempre nella missiva a Fauriel, infine, Manzoni lodava il teatro shakesperiano - al quale riservò grandi apprezzamenti nei Materiali estetici -, e spiegava all'amico di voler comporre un'opera realistica dal punto di vista linguistico, facendo parlare i personaggi in modo non artificiale e quanto più possibile conforme al vero...
Biografia : Alessandro Manzoni (1785-1873), è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo italiano.
Considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi per il suo celebre romanzo I promessi sposi, caposaldo della letteratura italiana, Manzoni ebbe il merito principale di aver gettato le basi per il romanzo moderno e di aver così patrocinato l'unità linguistica italiana, sulla scia di quella letteratura moralmente e civilmente impegnata propria dell'Illuminismo italiano.
Estratto : MALATESTI e PERGOLA.
pergola.
Si, condottier; come ordinaste, in pronto
Son le mie bande. A voi commise il Duca
L’arbitrio della guerra: io v’ho ubbidito,
Ma con dolor; ve ne scongiuro ancora,
Non diam battaglia.
malatesti.
Anzian d’anni e di fama,
O Pergola, qui siete; io sento il peso
Del vostro voto; ma cangiar non posso
Il mio. Voi lo vedete; il Carmagnola
Ci provoca ogni dì: quasi ad insulto
Sugli occhi nostri alfin Maclodio ha stretto:
E due partiti ci rimangon soli;
O lui cacciarne, o abbandonar la terra,
Che saria danno e scorno.
pergola.
A pochi è dato,
A pochi egregi il dubitar di novo,
Quando han già detto: ell’è così. S’io parlo
E che tale vi tengo. Italia forse
Mai da’ barbari in poi non vide a fronte
Due si possenti eserciti: ma il nostro
L’ultimo sforzo è di Filippo. In ogni
Fatto di guerra entra fortuna, e sempre
Vuol la sua parte: chi nol sa? Ma quando
Ne va il tutto, o Signore, allor non vuolsi
Dargliene più ch’ella non chiede; e questo
Esercito con cui tutto possiamo
Salvar, ma che perduto in una volta
Mai più rifar non si potria, non dèssi
Come un dado gittarlo ad occhi chiusi,
Avventurarlo in un sì piccol campo,
E in un campo mal noto, e quel che è peggio
Noto al nemico. Ei qui ci trasse: un torto
Argin divide le due schiere: a destra
E a sinistra paludi, in esse sparsi
I suoi drappelli; e noi fuor de’ nostri
Alloggiamenti non teniamo un palmo
Pur di terren. Credete ad un che l’arti
Conosce di costui, che ha combattuto
Al fianco suo; qui c’è un’insidia. Forse
La miglior via di guerreggiar quest’uomo
Saria tenerlo a bada, aspettar tempo,
Tanto che alcun dei duci ai quali è sopra
Prendesse a noia il suo superbo impero;
E il fascio ch’egli or nella mano ha stretto
Si rallentasse alfin. Pur, se a giornata
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