L'orologiaio di Everton (Gli Adelphi)

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L'orologiaio di Everton (Gli Adelphi)
Autore
Georges Simenon
Editore
Adelphi
Pubblicazione
16/01/2012
Valutazione
1
Categorie
Un sabato sera del tutto uguale agli altri, tornando a casa dopo la solita partita a jacquet con l’amico Musak (uno dei riti capitali della sua esistenza monotona e ripetitiva), Dave Galloway scopre che il figlio Ben se n’è andato, portandosi via il furgone e senza avergli scritto neanche due parole di addio – esattamente come, quindici anni e mezzo prima, se n’era andata la madre di Ben, lasciandosi dietro una scia di profumo volgare, un vecchio paio di scarpe e un bambino di pochi mesi. Su quel bambino il padre si era chinato aspirandone l’odore tiepido «di pane appena sfornato» – e da allora aveva vissuto soltanto per lui. Ogni attimo della sua vita. La notte come il giorno. «Sei felice, Ben?» gli chiedeva, più spesso di quanto avrebbe dovuto, e alla sua risposta affermativa insisteva: «Lo sai che sono tuo amico, vero, Ben?». Ma sì, Ben sembrava felice: era un bravo ragazzo, un alunno modello; forse solo un po’ chiuso, un po’ malinconico. Sulla madre non aveva mai fatto domande.Quando gli viene detto che Ben è scappato con una ragazzina di quindici anni, Lillian, che insieme hanno ucciso un uomo e stanno fuggendo lungo le strade del Middle West inseguiti dalle polizie di cinque Stati, Dave comincia a domandarsi che cosa sa di suo figlio, e del proprio essere stato figlio. Dopo l’arresto Ben si rifiuterà di vedere il padre, ma Dave deciderà di rimanergli ugualmente accanto: perché nel figlio ha riconosciuto quello stesso desiderio di ribellione che appartiene anche a lui, ed è appartenuto a suo padre, quel rifiuto dei limiti che è «il segreto degli uomini» – degli uomini che lo soffocano come di quelli che un giorno varcano la linea di confine. Quel segreto di cui forse Dave sarà ora capace di parlare a suo figlio, e al figlio di suo figlio che Lillian sta per mettere al mondo.

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L’orologiaio di Everton, brevissimo e folgorante romanzo di Georges Simenon che, attraverso un magistrale utilizzo degli elementi minimi del romanzo, riflette sulla solitudine cui ognuno di noi è condannato, vista a un tempo come condizione “metafisica”, connaturata al nostro essere vivi nello stesso modo in cui lo è il respiro, e come manifesta “realtà sociale”, inevitabile conseguenza di una rete di rapporti così fragili da sfiorare l’inconsistenza. Leggi tutta la recensione

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