IO NON RITORNO
La prima storia è la ricostruzione accurata di un mondo scomparso. Le conseguenze della scomparsa in guerra di chi, al momento di partire, confessa alla sorella il triste presagio (”Io non ritorno”), è rivissuta con una tale intensità che non si capisce dove i ricordi personali cedano il posto all’invenzione. Il maggiore dei suoi orfani riesce a diplomarsi, a trovarsi un lavoro ed a sposarsi...Proprio in tempo per partire volontario per la seconda guerra mondiale. E finire prigioniero in Australia dove rimarrà per 8 lunghi, lunghissimi anni. Nella narrazione del ritorno a casa, del faticoso ricostruire un futuro in un’Italia che si rimette a vivere sulle macerie, la figura del protagonista giganteggia nella semplice quotidianietà della nuova vita, nel riuscire a trovare in se stesso e nel cerchio dei suoi cari la forza di andare avanti, con la generosa saggezza di chi ha vissuto esperienze tragiche, ma non ha perso la voglia di arrabbiarsi per i problemi familiari e la capacità di godere delle piccole gioie di tutti i giorni.
Il commento (la seconda storia ed in pratica il secondo romanzo) del figlio del reduce al proprio lavoro di ricostruzione storica rivela la volontà di giustificare l’amore che egli ebbe per suo padre e per il suo passato…. A poco a poco egli si rende conto che i sentimenti che lo animarono non furono meno veri perché non apprezzati, e questo lo porta non solo ad avvicinarsi ancor di più al padre, ma ad inserire nei suoi commenti i propri ricordi, sempre più sinceri e coinvolgenti, sempre più intimi, addirittura sotto forma di poesie. I versi ritmano introspezioni e sentimenti e se tradiscono talvolta echi culturali più o meno evidenti - da Gray a Pascoli ed oltre - hanno il pregio di una sincerità e di una freschezza accompagnate da una vigoria insolita. A poco a poco viene dominata l’angoscia del rimorso di non essere riuscito a far capire al padre tutto il suo amore e sono svelati gli affettuosi, forti legami con i figli “la sua rima migliore”.
E sono proprio i due figli, sia pure rinominati, che ricompaiono nel terzo lungo racconto, quello ambientato nel 4000 o giù di lì: son loro che accompagnati dal nonno riscoprono il vecchio libro e lo rileggono con interesse anche se spesso stentano ad afferrarne i reconditi significati, per la lontananza di quel mondo dal loro. Il nonno spiega coll’aiuto dell’amico computer di casa, ma non riesce a ignorare quella forza dei sentimenti che il vecchio libro dischiude e lentamente si sveglia dal sopore di una vita rassicurante, ma priva di emozioni, in cui gli aspetti più travolgenti dei sentimenti sono forzatamente negati ad una umanità che è stata costretta a tenere tutto sotto controllo. Il nonno prima sente e riconosce il proprio turbamento, poi intuisce la forza di quei sentimenti e in ultimo decide con profonda, intima e coraggiosa gioia che le emozioni vanno vissute ed apprezzate e che tenerle represse significa imporsi limitazioni enormi.
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