Il sogno dello zio (Einaudi tascabili Vol. 1085)

«Nel raffigurare la gretta società di provincia, Dostoevskij si ricollega alle invenzioni grottesche di Gogol¿. Com'è gogoliana l'assurda cittaduzza di Mordàsov, covo di ipocrisia e maldicenza, dove le ciarle dilagano in modo ossessivo, moltiplicandosi come in un labirinto di specchi. Tutto il racconto è percorso da un brulichio di comari stizzose e malevole, che si passan la voce con rapidità concitata, di insolenti megere, che intessono orditi mostruosi di calunnie e dispetti, piombando come uccellacci dove c'è odore di scandalo. In questo groviglio di serpi, in questo terreno malfido capita, inerme e spaesato, il ridicolo principe K. ... un rudere, un mosaico di traballanti reliquie. E non solo i capelli, ma i baffi, i favoriti, il pizzo a punta, sono in lui del tutto posticci. Ha la gamba sinistra di sughero, l'occhio destro di vetro, la dentiera, e si spiana le rughe con molle nascoste nella parrucca».

Angelo M. Ripellino

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