Il Capitano e l'Arcangelo
Figure che sfuggono ai giudizi, alle categorie, perfino alla memoria collettiva.
Corneliu Zelea Codreanu appartiene a questa razza di uomini irriducibili, sospesi tra fede e destino, tra l’anelito alla purezza e l’abisso della realtà.
Quando ho deciso di scrivere questo romanzo, non l’ho fatto per riabilitare, né per condannare.
L’ho fatto per comprendere.
Per tentare di restituire alla figura di Codreanu la sua verità umana, che è sempre più complessa di qualsiasi ideologia.
In un’Europa che si preparava alla catastrofe, Codreanu rappresentò un paradosso: un politico che disprezzava la politica, un credente che voleva trasformare la fede in forza collettiva, un mistico che parlava di resurrezione più che di potere.
Attorno a lui nacque la Legione dell’Arcangelo Michele, una confraternita di spiriti puri e fanatici, devoti e violenti, animati dall’idea di una Romania redenta e trasfigurata.
Il loro sogno fu insieme sublime e terribile, perché ogni purezza, quando si confronta con il mondo, si contamina e si spegne.
Questo libro non è una cronaca né un saggio, ma un romanzo storico costruito su basi rigorosamente documentate.
Ogni fatto, ogni luogo, ogni data si fondano su fonti certe; ciò che appartiene alla finzione è solo ciò che serve a illuminare il non detto, il possibile, l’animo segreto dei protagonisti.
Scrivere di Codreanu significa interrogarsi su una questione che non appartiene solo al passato:
fino a che punto l’uomo può restare fedele a un ideale senza tradire la vita?
E cosa accade quando la spiritualità si trasforma in potere, e il sacrificio in violenza?
In questo romanzo ho voluto esplorare il confine sottile che separa il santo dal fanatico, il visionario dal tiranno, il profeta dal condannato.
Perché la storia non è mai bianca o nera: è un mosaico di luci e di ombre che continuano a parlarci, anche quando crediamo di essercene liberati.
Forse, in fondo, Il Capitano e l’Arcangelo è il tentativo di rispondere a una sola domanda:
può l’anima di un uomo cambiare il destino di un popolo, o sarà sempre il destino a consumare l’anima di chi ci prova?
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