SuperTondelli
A Correggio nel settembre del 1955 la pianura scorre piatta, costellata di lari, case basse, campanili e biciclette. In questo angolo di terra dove si parla in dialetto emiliano, le tradizioni “di prima della guerra” sono ancora vive, e il Resto del Carlino al bar detta la misura della verità e della fama di tutti, nasce Pier Vittorio Tondelli.
Figlio di commercianti, cresce divorando libri nel retrobottega del negozio di famiglia, tra l’odore del pane e le chiacchiere della gente. Ma nella sua testa già canta Leonard Cohen, già scalpita il respiro del mondo e quel desiderio di altrove che lo porterà fra Bologna e Berlino, Rimini e Milano, già prende forma una lingua capace di raccontare ciò che lì ancora non si può dire.
A pochi chilometri di distanza e quasi quarant’anni più tardi, un adolescente bolognese scorge il suo volto sulla copertina dell’Espresso. Pier Vittorio è morto, ma sembra guardarlo dritto negli occhi. Il giovane Enrico Brizzi non lo sa ancora, ma quell’incontro è un invito a guardarsi dentro e attorno, a credere che proprio lì, in quella provincia del mondo, possano nascere storie autentiche.
Rivoluzionario delle forme, emblema del postmoderno, Tondelli si è radicato nell’immaginario collettivo come icona di cambiamento e denuncia contro una società ancora chiusa e bigotta
Nel settantesimo anniversario della sua nascita, Enrico Brizzi ci regala un libro che è molto più di una biografia: è un omaggio a un maestro, il tentativo di raccontare l’impronta che Pier Vittorio ha lasciato su chi, grazie a lui, ha imparato a raccontarsi, confermando ai lettori contemporanei il valore intatto di un’opera che continua a parlarci con incredibile precisione.
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