Un milione di scale: Le ragazze della Rinascente
Hanno un sogno, Ferdinando e Luigi Bocconi. Dopo aver visto il padre consumarsi fra strade e cascine con la gerla delle stoffe sulle spalle, un negozio vero, che venda abiti “bell’e fatti”, significa futuro. A Milano però, vicina eppure così lontana dalla loro Lodi. Poi, il piccolo sogno diventa realtà conquistando giorno per giorno il cuore dei milanesi; si fa grande come quella piccola bottega che si trasforma nei primi grandi magazzini, aperti proprio in piazza del Duomo. Correva l’anno 1889. Bice, figlia di un magazziniere dei Bocconi, ha già otto anni ma non ha mai visto bambole così belle, con i vestiti veri, e salendo le infinite scale decide che quel mondo di meraviglie diventerà un po’ anche suo. La famiglia delle sarte all’ultimo piano, che ogni giorno crea magie, la accoglierà e Bice ricambierà con la dedizione e l’affetto di tutta una vita. È il 1917 quando il sogno passa al capitano d’industria Borletti, che di nome fa Senatore e scorge in quella fabbrica dei desideri molto più di un buon investimento: anche quando i grandi magazzini vanno in fumo, dalle ceneri risorgerà, splendida fenice, la Rinascente. È dietro quei banconi che lavora Eleonora, figlia di Bice, cresciuta nei saloni che conosce meglio di casa sua. E con lo sguardo alle guglie del Duomo, anche Cristina, figlia di Eleonora, troverà un modo tutto suo di proseguire la strada di famiglia. Davanti alle vetrine e agli occhi delle Ragazze della Rinascente sfilano gli anni della campagna d’Africa, delle guerre mondiali, dei tumulti di piazza, della ricostruzione. Eventi straordinari e terribili che lì si fermano, toccando le loro vite o scorrendo via. Ma nulla intaccherà la certezza di aver realizzato, proprio lì, il loro piccolo sogno: un sogno che si chiama indipendenza e libertà.
«È la terza Rinascente che vedo» bisbiglia Bice, sentendo la mano della nipote scivolare via. Gli occhi di Cristina sono puntati sulle scale mobili. Bice la osserva salire e scendere veloce e allegra. Rivede sé stessa bambina e ripensa in quante occasioni è salita e scesa da quelle scale. «Almeno un milione di volte» sussurra, commossa.
Hanno scritto de La fabbrica delle tuse: «Scorrendo le piacevoli pagine viene naturale il moto di ammirazione per la capacità dell’autrice di far rivivere un mondo, la Milano tra gli anni Venti e la fine dei Quaranta, di grande fascino e valore». Corriere della Sera
«Epica industriale magistralmente ricostruita, in un romanzo d’esordio di grande efficacia». la Repubblica
«È la terza Rinascente che vedo» bisbiglia Bice, sentendo la mano della nipote scivolare via. Gli occhi di Cristina sono puntati sulle scale mobili. Bice la osserva salire e scendere veloce e allegra. Rivede sé stessa bambina e ripensa in quante occasioni è salita e scesa da quelle scale. «Almeno un milione di volte» sussurra, commossa.
Hanno scritto de La fabbrica delle tuse: «Scorrendo le piacevoli pagine viene naturale il moto di ammirazione per la capacità dell’autrice di far rivivere un mondo, la Milano tra gli anni Venti e la fine dei Quaranta, di grande fascino e valore». Corriere della Sera
«Epica industriale magistralmente ricostruita, in un romanzo d’esordio di grande efficacia». la Repubblica
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