Pagina azzurra (edizione completa)
Infine, quando tu sei partita per Castellamare, la tua, diciam così, attrezzeria, era completa. Non hai dimenticato nulla qui, tranne due o tre disgraziati condannati alla città forzata e che sospirano dietro le tue treccie bionde, scomparse per la linea di Napoli—Castellamare. Rassicurati dunque. Tutto parte con te. Abbiamo fatto insieme uno dei nostri allegri inventari: nulla mancava. L’abito di percallo a pallottoline verdi mi fece ricordare l’ingenuo desiderio di Heine, che i suoi canti fossero tanti pisellini freschi, per farne una zuppettina alla sua amante; quello crema a fioretti rossi, col suo perfido e provocante volantino rosso all’orlo, coi suoi sbuffi di merletto bianco sarà irresistibile nella luce del sole mattinale. Quello di mussolina d’India bianca, lieve, gentile, trasparente, col suo paltoncino di stoffa turca, dove bruciano insieme il rosso, il marrone e l’oro, nel lungo tramonto estivo, potrebbe dar luogo a un quadro: Castellamare, caduta del sole, con effetto di bella fanciulla. Hai fatto bene a tagliare la coda al tuo vestito di seta azzurra, sebbene sia stato un lembo di cielo, tolto via dalle forbici; ma voi ballerete e la coda è insopportabile d’inverno, figurarsi d’estate. Conosco un giovanotto nervoso, che si è deciso a sposare una fanciulla per averla vista, durante una intiera stagione, in abito corto; egli sostiene che in quell’assenza della coda, è il fondamento della sua felicità coniugale.
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Il ventre di Napoli: (Ediz. Integrale)
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Matilde Serao
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