Divido casa con una brasiliana: (e i miei migliori detti finiscono in fondo)
Io: «Ho finito il libro su te e me».
Brasiliana: «Hai scritto un libro su di me?»
Io: «Su di noi. Guarda che te l'avevo detto che lo stavo...»
Brasiliana: «Sì, può darsi, ma tu scrivi libri su tutto, non ci ho badato».
Io: «Sì vabbe'. Volevo chiederti se mi dai una mano per l'introduzione».
Brasiliana: «Perché l'introduzione? Le introduzioni non le legge mai nessuno».
Io: «Che sciocchezza, chi te l'ha detto?»
Brasiliana: «Sono uscita con un editore una volta».
Io: «E lui ti ha parlato di introduzioni?»
Brasiliana: «Non è che avesse molti altri argomenti. Una delle persone più ignoranti che abbia mai conosciuto».
Io: «Secondo me esageri, uno che fa l'editore ha sicuramente un bagaglio...»
Brasiliana: «Non sapeva nemmeno cos'è un pennello da fondotinta kabuki».
Io: «Questo però non mi sembra un parametro su cui giudicare l’erudizione...»
Brasiliana: «Perfino tu sai cos'è un pennello kabuki».
Io: «Lo so solo perché una volta me ne hai tirato addosso uno. Comunque, se non ti piace il termine introduzione non importa. Questo libro ha bisogno di una presentazione, una quarta di copertina...»
Brasiliana: «Ok, va bene, ti do il permesso».
Io: «Il permesso di cosa?»
Brasiliana: «Di usare una mia foto, per la copertina».
Io: «Io non ti ho chiesto nessuna foto e non metterò la tua foto in copertina».
Brasiliana: «Ah, pensavo ti interessasse vendere delle copie, di questo tuo libro».
Io: «Ma che spiritosa».
Brasiliana: «Sei sicuro che la presentazione sia una buona idea? Guarda che così la gente, dando un occhio al libro da fuori, capisce subito cosa c'è dentro... Perché fai quella faccia?»
Io: «A volte si scrive un libro perché si ha la necessità di rimuovere un'esperienza traumatica».
Brasiliana: «Ah sì?»
Io: «Nel mio caso non ha funzionato».
Brasiliana: «Mi annoi, già dalla copertina».
Brasiliana: «Hai scritto un libro su di me?»
Io: «Su di noi. Guarda che te l'avevo detto che lo stavo...»
Brasiliana: «Sì, può darsi, ma tu scrivi libri su tutto, non ci ho badato».
Io: «Sì vabbe'. Volevo chiederti se mi dai una mano per l'introduzione».
Brasiliana: «Perché l'introduzione? Le introduzioni non le legge mai nessuno».
Io: «Che sciocchezza, chi te l'ha detto?»
Brasiliana: «Sono uscita con un editore una volta».
Io: «E lui ti ha parlato di introduzioni?»
Brasiliana: «Non è che avesse molti altri argomenti. Una delle persone più ignoranti che abbia mai conosciuto».
Io: «Secondo me esageri, uno che fa l'editore ha sicuramente un bagaglio...»
Brasiliana: «Non sapeva nemmeno cos'è un pennello da fondotinta kabuki».
Io: «Questo però non mi sembra un parametro su cui giudicare l’erudizione...»
Brasiliana: «Perfino tu sai cos'è un pennello kabuki».
Io: «Lo so solo perché una volta me ne hai tirato addosso uno. Comunque, se non ti piace il termine introduzione non importa. Questo libro ha bisogno di una presentazione, una quarta di copertina...»
Brasiliana: «Ok, va bene, ti do il permesso».
Io: «Il permesso di cosa?»
Brasiliana: «Di usare una mia foto, per la copertina».
Io: «Io non ti ho chiesto nessuna foto e non metterò la tua foto in copertina».
Brasiliana: «Ah, pensavo ti interessasse vendere delle copie, di questo tuo libro».
Io: «Ma che spiritosa».
Brasiliana: «Sei sicuro che la presentazione sia una buona idea? Guarda che così la gente, dando un occhio al libro da fuori, capisce subito cosa c'è dentro... Perché fai quella faccia?»
Io: «A volte si scrive un libro perché si ha la necessità di rimuovere un'esperienza traumatica».
Brasiliana: «Ah sì?»
Io: «Nel mio caso non ha funzionato».
Brasiliana: «Mi annoi, già dalla copertina».
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